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A PRESTO

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CI SIAMO!!!

Di Redazione

Ok, eccoci finalmente. Trasloco quasi ultimato.
Da lunedì 11 aprile, infatti, iniziamo gradualmente a spostarci finalmente al seguente indirizzo:
http://www.rivistastudio.com
Come si dice in questi casi, seguiteci numerosi.

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41.912432,12.525966 – Armando Iannucci

di Francesco Pacifico

Uomo autoinchiodato all’armadio tramite il palmo della mano al minuto 0,22 del terzo episodio dell’Armando Iannucci Show.

Il nome è italiano, il padre è un pizzaiolo napoletano, ma purtroppo Iannucci lavora con la lingua inglese e lo humour britannico, è di Glasgow, ha la madre scozzese, e per frustrazione dirò che è il più grande comico italiano vivente e che se fosse davvero italiano probabilmente il suo humour sarebbe diverso ma soprattutto non avrebbe mai potuto sviluppare il suo talento perché negli ultimi vent’anni oltre i casi isolati non abbiamo avuto una vera scuola comica o un vero gusto che permettesse di sviluppare il talento.

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Unforgiven – Gene Anthony Ray

di Federico Bernocchi

Over The Top: Gene Anthony Ray nasce ad Harlem il 24 maggio del 1962. Di famiglia non particolarmente agiata, passa gran parte della propria infanzia e adolescenza in strada. Ed è proprio qui che impara i rudimenti del ballo. Dotato di un evidente talento innato, si iscrive alla famosissima High School of Performing Arts di New York, una vera e propria fucina di talenti. Il ragazzo però è un ribelle: non riesce a sopportare la rigida disciplina scolastica e dopo solo un anno abbandona la scuola. A quindici anni si iscrive a un altro istituto, la Julia Richman High School. Qui, appena maggiorenne, incontra Louis Falco, famoso coreografo che sta scegliendo gli attori per il film di Alan Parker Fame, da noi conosciuto con il titolo di Saranno Famosi. Il film racconta la vita di alcuni giovani aspiranti musicisti che si fanno le ossa proprio alla High School Performing Arts, quella da lui abbandonata qualche anno prima. Gene Anthony Ray ottiene la parte di Leroy Johnson, un personaggio con cui condivide molti tratti: entrambi talentuosi ma incontenibili, forse fin troppo esuberanti. Il film ha un incredibile successo, tanto da diventare una serie televisiva che la MGM Television manda in onda dal 1982 al 1987. Leroy è uno dei personaggi più amati dal pubblico e Gene Anthony Ray diventa un attore ballerino richiestissimo.

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Work in progress

di Redazione

Come potete dedurre dalla bassa frequenza con cui stiamo postando contenuti e rubriche, siamo abbastanza impegnati col mettere a punto il sito vero e proprio di Studio. Mancano davvero pochi giorni all’arrivo di rivistastudio.com, e contemporaneamente siamo al lavoro sul numero 2 cartaceo. Ah, il numero 1 è in edicola. Ma questo lo sapete già. Ai prossimi giorni.

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La partita dell’anno: bentornato, Calcio

di Davide Coppo

Era il 2006. C’era quella cosa chiamata Calciopoli, squadre penalizzate, squadre mandate in serie B, poi la vittoria della Coppa del mondo che aveva fatto dimenticare almeno per un po’ le disgrazie del nostro calcio. Senza voler polemizzare, il risultato più lampante e sotto gli occhi di tutti del processo a Moggi e compagnia è stato l’azzeramento di buona parte della concorrenza all’Internazionale FC. Che infatti, dal 2006 al 2010, ha vinto tutto. Più uno scudetto regalato.

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41.912432,12.525966 – Ciarrapico

di Francesco Pacifico

Il senatore Ciarrapico racconta di come ha comprato una clinica al minuto 5,50 di “La Convenzione”, di Alberto Nerazzini, un servizio andato in onda su Report, Rai Tre.

Come si fa un pezzo non noioso di giornalismo investigativo sulla sanità italiana. Innanzitutto, amare i personaggi.

Ecco come Alberto Nerazzini, per Report di Rai Tre, affronta la materia: incontra da Rosati a Piazza del Popolo Giuseppe Ciarrapico, imprenditore e senatore PdL, plurinquisito e pluricondannato, uno degli uomini chiave della sanità privata italiana. Stile Dolce Vita, Ciarrapico, che è proprietario del ristorante, con gran cortesia e diplomazia (dove altri invece hanno rifiutato un incontro col giornalista), riceve Nerazzini dopo pranzo, disposto a raccontare. Il senatore, un romano con l’accento forte e strisciatissimo, è inquadrato con telecamera posata sul tavolo mentre si pulisce prima le labbra, poi il naso, in quel modo che indica che si è mangiato bene. L’audio è da film di Cronenberg: si sente tutto il miscuglio postprandiale di saliva, pancia piena, un po’ di catarro nelle vie respiratorie, espirato dalle narici, il principio della digestione affrontata con una camicia di sartoria e i polsi a contatto con le briciole su una buona tovaglia. Ciarrapico ha la faccia piena, bella camicia azzurrina, giacca grigia, cravatta col nodo giusto, né stretta né larga. Ristorante vuoto.

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Unforgiven – Corey Haim

di Federico Bernocchi

Over The Top: Come nelle storie più belle: Corey Haim, nato a Toronto nel 1971, è diventato un attore senza volerlo. A lui recitare neanche interessava. A lui piaceva giocare a hockey, leggere i fumetti e suonare. Ma un giorno ha accompagnato
sua sorella Carol a un provino e da un momento all’altro, alla tenera età di dieci anno, s’è trovato a prendere parte alla serie televisiva canadese The Edison Twins. Pochi anni dopo, nel 1984, comincia a lavorare sul grande schermo. L’esordio è con Firstborn, al fianco di Robert Downey Jr., Sarah Jessica Parker e Peter Weller. Il vero successo arriva con Lucas, pellicola diretta nel 1986 da David Seltzer. Corey dimostra un talento innato e in molti lo indicano come il nome su cui puntare. Nel 1987 è il protagonista di Lost Boys, dove incontra Corey Feldman con cui stringerà una lunga amicizia. “The Two Coreys” – questo il loro nickname ufficiale – recitano insieme anche nel successivo Licenza di Guida, pellicola che li consacra idoli indiscussi delle ragazzine americane. Haim riceve 2000 lettere d’amore a settimane e casa sua è costantemente assediata da orde di fans. Fuori dal set, Corey è assiduo frequentatore dell’Alphy’s Soda Pop Club, il locale più cool di tutte le stelle minorenni del cinema, e ha relazioni con le colleghe Robin Lively, Alyssa Milano e Drew Barrymore.
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Rodarte in Italia

di Redazione

Quando le sorelle Laura e Kate Mulleavy aka Rodarte avevano ammesso che i primi abiti andati in passerella (non troppe stagioni fa) erano stati creati sul tavolo della cucina dei genitori in California nessuno si era stupito. Anzi, la loro pacatezza (un approccio antistress non del tutto chiaro agli staff dal Lincoln Center di New York dove il loro show ogni stagione sta influenzando parecchio il calendario dell’intera fashion week) sembrava avere un senso. E si poteva capire anche perché i loro abiti scultura in odore di mitologia rivisitata in chiave gotica trasmettessero una filosofia di armonia e meditazione. Calma e leggerezza, femminilità con una strana nebulosa di segreti (tradotte in architettura-couture) per un mix che è diventato il marchio di fabbrica  delle due designer. Continue reading
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Perché Hbo e Fox vanno a caccia di idee in Israele

di Anna Momigliano

In principio era Be’Tipul, la serie drammatica (e a bassissimo costo) che nella seconda metà degli anni Duemila ha stregato Israele. E che nel 2008 l’americana Hbo, sinonimo di serie tv di qualità e non banali, ha acquistato, prima sottotitolando l’originale israeliano e poi trasponendo il format in un contesto statunitense. Il titolo, In Treatment, altro non era che la traduzione dell’originale in ebraico (Be’Tipul, appunto, “in trattamento,” nell’immagine qui a fianco vedete il loro logo). Il format era semplicissimo, forse troppo semplice: due persone che parlano sedute in uno studio, in altre parole una serie di sedute psicoanalitiche. I costi erano ridotti all’osso, tutto si giocava sulle doti degli attori e degli autori.  Continue reading

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Restaurando 900

di Cesare Alemanni

È uscito mercoledì 23 marzo restaurato e in versione Blu Ray, 900. Proprio il film/maratona (durata: 298 minuti) con cui nel 1976 Bernardo Bertolucci tentò di raccontare cinquant’anni di storia novecentesca del nostro paese. Il latifondismo avanzato e l’industrializzazione tardiva e da lì la lotta di classe: assoluta protagonista della pellicola coi volti di Robert De Niro (Alfredo, il padrone) e Gerard Depardieu (Olmo, il contandino). E poi ancora: il socialismo, il fascismo, la sua crescente aberrazione e il regolamento di conti partigiano. Il tutto nel segno di un laicismo ancora là da venire (è mai giunto?). Dialettica e allegorica insieme, trattando di temi tanto enormi l’opera di Bertolucci non poteva che dividere. E infatti non ha mai cessato di farlo. Continue reading

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UovoMusic, dal 25 marzo a Milano. Vi presentiamo un mini festival che ci voleva

di Redazione

A Milano il festival Uovo arriva un po’ quando gli pare a lui. Nel 2003 a settembre, e così fino al 2005. Dal 2006 al 2008 a maggio. E da due anni arriva a marzo. Comunque, da nove anni, Milano ospita una rassegna che è un ottimo mix di design, arte e moda, e che da quest’anno si arricchisce di una sezione musicale, il 25 e 26 marzo (UovoFestival invece inizia dal 20). Per due giorni, alla Cattedrale della Fabbrica del Vapore, tre gruppi e un dj-set (e che dj-set, ai piatti c’è Chris Geddes dei Belle and Sebastian) suoneranno e vi faranno ballare. UovoMusic è in collaborazione con Spin-Go!, realtà che in Italia rappresenta un gruppo di etichette indie come Domino, Anti, Epitaph, Warp, Naive. Indipendenti sì, ma roba grossa insomma. Continue reading

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41.912432,12.525966 – Crewdson

di Francesco Pacifico

Julianne Moore seduta a tavola in tinello con un ragazzino in una foto della serie Beneath the Roses di Gregory Crewdson.

Julianne Moore con lo sguardo perso, vestita da casalinga, con un ragazzino, suo figlio, età da liceo, e due altri posti, vuoti, nel più triste tinello del mondo. Crewdson non fa foto naturali, le mette in scena, crea dei set all’altezza di quelli cinematografici, chiama perfino attori famosi (Philip Seymour Hoffman, Tilda Swinton, William H. Macy, Gwyneth Paltrow, ma imponendo che si presentino sul set da soli, senza entourage), per fotografare scene “normali” di “vita suburbana”.

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Unforgiven – Wes Bentley

di Federico Bernocchi

Over The Top: Wesley Cook Bentley, noto solamente come Wes, nasce nel 1978 a Jonesbro, una piccola e placida cittadina dell’Arkansas. I suoi genitori, Cherie e David, sono entrambi sacerdoti della United Methodist Church, una chiesa protestante metodista ed evangelica. Terzo di quattro fratelli, comincia a interessarsi alla recitazione durante gli anni del liceo. Insieme a suo fratello Patrick e ai due suoi amici Damien Bunting e Josh Cowdery, forma il collettivo teatrale B(3) + C, con cui organizza degli spettacoli di improvvisazione. Bello e bravo, decide che quella è la sua strada. Dopo gli anni del liceo, grazie soprattutto all’incitamento materno, si sposta a New York, dove comincia a seguire i corsi di recitazione alla Juilliard School, notissima scuola d’arte, musica e spettacolo. I soldi però non bastano mai e Wes è costretto ad abbandonare i corsi per lavorare da Blockbuster e come cameriere al T.G.I.’s Friday di Long Island. Questo però non blocca la sua carriera, che decolla sul finire del secolo scorso non a teatro ma su grande schermo. Dopo solo due film, Wes ottiene il ruolo che gli cambierà la vita: è il giovane inquieto Ricky, quello capace di vedere la beltà dell’universo in un sacchetto di plastica trasportato dal vento, nel film vincitore di cinque premi Oscar American Beauty.

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10 motivi per amare Kirsten Dunst

di Manuela Ravasio

Perché a differenza delle altre bionde bambine prodigio (dicesi Drew Barrymore) Kirsten Dunst non ha fatto finta che debuttare under 16 sia stato facile (e a lei è toccata l’accoppiata Cruise&Pitt in Intervista  col vampiro) e ha ponderato meglio commediole e sostenze illegali in tempi sospetti.

È l’unica che merita di tornare alla corte di Sofia Coppola, anche quando il debutto supera di gran lunga la seconda collaborazione con la regista: ne Il Giardino delle vergini suicide debutta nel cinema da manuale in un film lento, inondato di sole, per cuori deboli . E tutte, imitandola, abbiamo incominciato a vestirci con sottovesti bianche. In Marie Antoinette la vediamo indossare All Star e divorare macarons. Scelta un po’ troppo pop rétro perdonata (la Dunst risulta parecchio a suo agio anche nelle scene in cui la regina è en plein air e si rotola nel verde come da campagna per il profumo femminile di Marc Jacobs caro amico della Coppola…).

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Di tsunami, Giappone, attivismo e magliette.

di Davide Coppo

C’è scritto attivismo, nel titolo, ma non si parlerà di attivismo in questo post. Un po’ perché è un argomento che sfiorerò solamente, un po’ perché proprio qui su Studio, qualche tempo fa, ne ha fatto un interessante articolo l’amico e collaboratore Nicola Bozzi, che parlava del sito Jumo, di slacktivism (o attivismo da poltrona), e di social network in generale. Continue reading

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Su Libertà di Jonathan Franzen: un’opinione parziale/1

di Cesare Alemanni

Prima parte di quattro della recensione “in divenire” di Freedom, l’ultimo romanzo di Jonathan Franzen appena uscito in Italia per Einaudi.

Quando si accingono alla lettura di un “evento letterario dell’anno”, le persone facilmente suggestionabili lo fanno con due tipi opposti di atteggiamento: c’è chi accusa il fardello e chi invece se ne vuole liberare a tutti i costi. Il riverente e lo sfrontato. Il primo è in soggezione di fronte all’onere di leggere un possibile classico contemporaneo e quindi se lo fa piacere per forza ossessionato dal tonante giudizio della Storia sul suo gusto, mentre il secondo – spesso di estrazione e letture più coltivate – si comporta all’incirca come l’ascoltatore di musica “per pochi”, diffidente del mainstream, e dunque ricerca in ogni rigo la frase che suona male o lo spessore che manca.

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Grazie a tutti

di Redazione

Martedì 15 marzo, alla Triennale di Milano, abbiamo presentato ufficialmente il primo numero di Studio. Come già anticipato, potete trovarci nelle edicole e librerie di tutta Italia. Qui di seguito un po’ di foto della presentazione, dove riconoscerete il direttore, Federico Sarica, il managing director Alessandro De Felice, oltre agli ospiti che hanno introdotto Studio al pubblico: il moderatore Cristiano Seganfreddo, la giornalista e collaboratrice Maria Luisa Frisa, lo scrittore Francesco Pacifico e il direttore creativo di Stone Island Carlo Rivetti. Continue reading

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No-fly zone e dintorni. Altre quattro frasi per capire cosa succede in Libia

di Anna Momigliano

Finalmente è arrivata la decisione su una no-fly zone dal Consiglio di Sicurezza Onu. I ribelli festeggiano, il regime di Gheddafi annuncia la fine delle ostilità. Davvero potrebbe essere la fine della guerra civile in Libia? E’ un tantino presto per dirlo. La situazione resta confusa e, soprattutto, non è facile prevedere le prossime mosse del Colonnello.  Continue reading

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41.912432,12.525966 – Guido Gozzano

di Francesco Pacifico

“Le golose”, di Guido Gozzano

Comincia così: “Io sono innamorato di tutte le signore / che mangiano le paste nelle confetterie”. E dopo un lungo catalogo di signore e signorine che esprimono la loro vera natura ognuna mangiando a suo modo, chi discreta chi sregolata, le paste in pasticceria, si conclude così: “Io sono innamorato di tutte le signore / che mangiano le paste nelle confetterie”.

Gozzano ha le idee chiare quando descrive le donne. È il nostro vero poeta-amante, quello da cui imparare con che sguardo guardare le donne e avvicinarsi. Con le sue amanti è sempre di enorme complicità, non le usa, le ammira, le rimpiange, è un modello di seduzione e di contemplazione. Continue reading

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