10 motivi per amare Kirsten Dunst

di Manuela Ravasio

Perché a differenza delle altre bionde bambine prodigio (dicesi Drew Barrymore) Kirsten Dunst non ha fatto finta che debuttare under 16 sia stato facile (e a lei è toccata l’accoppiata Cruise&Pitt in Intervista  col vampiro) e ha ponderato meglio commediole e sostenze illegali in tempi sospetti.

È l’unica che merita di tornare alla corte di Sofia Coppola, anche quando il debutto supera di gran lunga la seconda collaborazione con la regista: ne Il Giardino delle vergini suicide debutta nel cinema da manuale in un film lento, inondato di sole, per cuori deboli . E tutte, imitandola, abbiamo incominciato a vestirci con sottovesti bianche. In Marie Antoinette la vediamo indossare All Star e divorare macarons. Scelta un po’ troppo pop rétro perdonata (la Dunst risulta parecchio a suo agio anche nelle scene in cui la regina è en plein air e si rotola nel verde come da campagna per il profumo femminile di Marc Jacobs caro amico della Coppola…).

Non ha fatto comparsate e pellicole indie negli ultimi due anni perché ha ammesso che non stava bene con sé stessa. Ha corso il rischio di tornare e trovare una January Jones qualunque al suo posto ma non ha attirato l’attenzione facendosi vedere sbronza in un boulevard losangelino. Si è eclissata  e ha aspettato  in un buen retiro. Per riapparire come se nulla fosse successo.

Come protagonista di Melancholia il nuovo film di Lars Von Trier (quello che le imbruttisce proprio tutte) diventa l’eroina post Charlotte Gainsbourg (che nuda in un bosco era davvero un ottimo cliché “alla” Von Trier). E per una che ha passato gli ultimi anni lontani dal set per “perdita di sé” è una bella sfida, e ci piace. Courage.

Nell’intricata storia di Eternal Sunshine of the Spotless Mind di Gondry  si prende la parte peggiore: quella che nonostante meriti molto più amore di un’insopportabile Kate Winslet, rimane ad osservare gli amori cancellabili a soffre in silenzio mentre tutti sono non-coscienti. Stoica (e tremendamente più bella di Kate).

In All Good Things di Andrew Jarecky in uscita nelle prossime settimane, è la compagna perfetta dell’uomo dell’anno, Ryan Gosling che, dopo aver reso un cult Blue Valentine, è il co-protagonista con Kirsten in questo film gioiellino. Ovviamente pieno di amore e noir. Finalmente gran bella coppia.

Per una che è stata in stand by per un po’ il ritorno sulle scene con pomposa presentazione come testimonial del nuovo profumo Mon Jasmine Noir di Bulgari non è per nulla male. Anche quando si lascia scappare che ama il patchouli, nota speziata non presente nella nuova essenza della maison. E a guardarla nella campagna con leone sullo sfondo è una delle rare volte che ti convinci a cadere in tentazione.

Innaturali capelli rosso fuoco e bacio a testa in giù con Spiderman. A Kirsten lo concedi perché anche nel film blockbuster trascina con sé l’essenza dell’attrice indie un po’ confusa nonostante sia su un set multimilionario. Poi ha perso un po’ l’equilibrio è vero, ma tra le fidanzate degli eroi rimane quella più credibile.

Lui, Jake Gyllenhaal era l’adolescente borderline di Donnie Darko, lei usciva un po’ distrutta dall’educazione sentimentale delle Vergini Suicide (notte d’amore in un campo di football con risveglio in solitaria): ovvio che insieme funzionassero e fossero bonariamente invidiati. Ovunque solidarietà femminile a rottura della storia.

Un sorriso imperfetto (denti piccoli e stortini), zigomi alti stile Heidi, occhi languidi ma più che altro un po’ da Inuit, amore per le t-shirt da tour dates ma solo perché sono comode, restia ai front row e tacchi solo se strettamente necessari. Eppure non ha niente da invidiare a una più avvezza Scarlett Johansson, perché Kirsten  si porta l’affaire lolitesco anche superati i trenta. E lo sguardo da esquimese diventa una filosofia da emulare.

Il suo cruccio per anni è stato quello di aver rifiutato la parte di Mena Suvari in American Beauty. Scelta azzardata dettata dal fatto che non volesse comparire nuda e baciare Kevin Spacey. Ha bruciato e brucia ancora che nel suo cv manchi questo film. Male ma non troppo vista la fine che ha fatto Mena Suvari. (Che fine ha fatto?).

In Elizabeth Town (troppa bella America per un film bruttarello di Cameron Crowe) è un’hostess che con lunghe telefonate in vasca e millemiglia ridimensiona l’Orlando Bloom-pensiero: era perfetto ne Il Signori degli Anelli, ha una certa inadeguatezza in un on the road americano. Specie se da conquistare c’è lei, illuminata Dunst in attesa di principe azzurro.

È stata tra le prime a credere e a indossare le crezioni delle sorelle Mulleavy alias Rodarte, che ha esibito su red carpet come per prendere il sole. Poi sono venute le altre cadute nel sogno-couture delle sorelle americane, mentre Kirsten (ancora prima di Natalie Portman) si ostinava a indossare tubini anche quando era altamente richiesto il long dress. Sfacciata e avant-garde.

Chemisier impalabili, capelli raccolti e luce a inondarla in un campo di erba fresca tutto in versione polaroid nella storia alla Alice per un brand che fa dell’understatement shabby una piacevole provocazione. La dimensione shabby-bon ton della collezione sta solo a Kirtsen per le altre l’effetto è folk-sciura senza senso. Ma a vederla così sembra che sole+acqua e sapone siano sufficienti a tutto. Edonistica.

Perché nel libro e nel cartoon, Amy, la sorellina mocciosa di Piccole Donne non la sopporti: anche se è biondina e sembra una bambola. Soprattutto perché ruba l’uomo amatissimo di Joe (Winona Rider nel flm il che è un azzardo un po’ eccessivo). Eppure quando sai che lei è Kirsten Dunst la perdoni. Merita di prendersi esperienze e gioie delle altre piccole donne e diventare, di fatto, la più amata.

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10 Responses to 10 motivi per amare Kirsten Dunst

  1. Giancarlo Mazzetti says:

    …perché nei dieci motivi per amarla non ce n’è neanche uno riconducibile al suo mestiere, ovvero RECITARE? Perché non si parla di Cinema quando si parla di Cinema? E’ davvero sempre (e solo) tutto quanto magliettine e sguardini? Che palle.

    ps. più bella di Kate Winslet?! Bah.

    • rajon says:

      giancarlo, secondo me l’importante è parlare di ogni argomento con trasporto maniacale. non come quegli articoli su mad men come scusa per rilanciare il borsalino. questa signorina invasata di miss dunst ci è andata davvero pesante, non si può non ammirare l’assenza completa di cinismo del suo pezzo. e varie frasi indimenticabili e l’espressione folk-sciura di cui avevo estremo bisogno per le mie passeggiate nel rione monti, a roma.
      oltretutto parlare di RECITAZIONE è impossibile.
      di solito si fa così: “che grande attrice meryl streep nonostante sia una Donna Normale”. (in realtà è sempre stata una bellezza sopra la media.)
      “che grande attore philip seymour hoffman”. (perché ha le labbra da maniaco e sa fare l’intenso.)
      parlare di recitazione.
      proporrei un concorso: qualcuno scriva di recitazione qualcosa di interessante. magari si apre un mondo.
      “kinsky aveva dei forti conflitti con il suo mentore herzog”.
      WOW!

  2. Quello era il primo motivo (non detto) negli altri sì, ci abbiamo messo tante magliettine e sguardini. Ma solo perché anche mentre recita le stanno/vengono bene. Si parla di lei non di cinema (anche se lo fa).

    • Giancarlo Mazzetti says:

      Cioè? Il primo motivo qual è? Che recita? Il primo motivo per amarla è perché recita? O perché é brava? E perché è brava (secondo chi scrive)? Ma, poi, è davvero brava?

      No, non ci avete messo tante magliettine e sguardini, ci avete messo SOLO quelle. E’ questo lo “sguardo diverso” che portate sulle cose del mondo?

      Un conto è “l’intelligenza che non concepisce distinzioni tra moda, arte cultura, economia etc”(cit.) e parla di tutto con sguardo completo, un conto è la classifica di chi è più cool (e di cosa lo fa essere tale) di cui è pieno il mondo.

  3. ah giancà. fattela ‘na risata.

    • Giancarlo Mazzetti says:

      Ahahahah! Ok.
      No, era solo per dire… perché l’idea della rivista è bella: non buttatela via, per la miseria!

  4. marcolino says:

    che noia le classifiche di chi è più cool.
    non ci meritiamo di meglio, noi esseri umani?

  5. Marcolino, non so se tu ti meriti di meglio… ma credo che mooooolti uomini si accontenterebbero volentieri di Kirsten Dunst.

    Anna

  6. carlo carabba says:

    Spider-Man non Jake Gyllenhaal.

  7. Alessandro says:

    Molto ben informato – a parte qualche minima svista – il pezzo è un ritratto acuto e brillante, dove la leggerezza apparentemente frivola e salottiera non è affatto sinonimo di superficialità. Su qualche giudizio si potrebbe discutere. Tuttavia la perfidia sullo sguardo inuit è gratuita e l’apprezzamento sui denti è più acido di un yogurt troppo fermentato.
    Kirsten potrà pure sbagliarsi talora di vestitino, d’accordo, ma ha uno sguardo e un sorriso di ineffabile docezza che non possono non medusizzare.

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